L’acqua in brick è sempre più diffusa anche in Italia: un prodotto che si presenta come ecologico e chiave del cambiamento, ma forse non è proprio così…
Ormai è nota a buona parte degli italiani e utilizzata in moltissimi casi: l’acqua in brick (un contenitore di tetrapack) è un prodotto che viene pubblicizzato come ecologico, una risposta al cambiamento che vuole andare in una direzione sostenibile.
Ma siamo sicuri sia davvero così? Certo, eliminare la plastica può essere una soluzione al problema dell’inquinamento diffusissimo ovunque nel mondo. Forse bisognerebbe pensare a proporre idee dove l’usa e getta non venga più incentivato.
“Acquainbrick” è il marchio che si sta malsanamente diffondendo anche in Italia, prodotto dalla multinazionale spagnola LY Company Group. La campagna sta sollevando alcuni dubbi proprio in merito alla sua tanto pubblicizzata sostenibilità ambientale.
Proprio su questo tema, si sono mosse alcune associazioni italiane. Le stesse hanno avanzato un documento che denuncia i messaggi fuorvianti promossi dalla campagna pubblicitaria di “Acquainbrick“. Messaggi che, tra l’altro, mettono in ombra tutti gli sforzi effettuati da istituzioni e associazioni locali per incentivare l’utilizzo dell’acqua del rubinetto.
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“Frutti avvelenati” del Plastic Free
“Questi purtroppo sono i frutti avvelenati che abbiamo prefigurato e denunciato per tempo delle campagne “Plastic free” – scrivono le associazioni – che si concentrano solo su eliminazione della plastica e non sullo sviluppo di alternative migliori, riutilizzabili e con vuoto a rendere“.
La dura posizione espressa attraverso il comunicato, é stata portata avanti da vari gruppi. Per nominarne qualcuno: Zero Waste Italy, Centro Ricerca Rifiuti Zero, Rete Rifiuti Zero Emilia Romagna, Eco Eventi Odv, 5 R, Zero Waste Sicilia, Associazione Rifiuti Zero Sicilia, Lamezia Rifiuti Zero, Condomini Rifiuti Zero e Rifiuti zero Abruzzo.
Nel comunicato vengono ricordate le campagne di sensibilizzazione “l’acqua del sindaco” ma anche “imbrocchiamola“: quest’ultima, in particolare, coinvolge i ristoratori per chiedere loro di servire ai tavoli acqua in caraffa.
Il greenwashing sull’acqua
Le associazioni parlano di una vera e propria campagna di “greenwashing” da parte di Acquainbrick. Quest’ultima sta fortemente spingendo i suoi prodotti nell’area di Marradi (sede dell’unico impianto italiano di imbottigliamento dell’azienda spagnola) sia a livello comunale sia nelle scuole.
“Con quale messaggio?”, si chiedono i gruppi ambientalisti, “Ora la borraccia non va più di moda? W l’usa e getta? Dovremmo insegnare ai ragazzi che il cambiamento passa dalla riduzione dei rifiuti, non dalla sostituzione di un contenitore inquinante (plastica) con uno potenzialmente ancora più inquinante (tetrapak)“.
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Secondo le caratteristiche del prodotto espresse dallo stesso produttore, il contenitore sarebbe costituito di tetrapak: un poliaccoppiato di 3 strati (cartone, plastica e alluminio), tra l’altro con modalità di smaltimento che variano in base al Comune.
Il tetrapack non é assolutamente riciclabile, pertanto solo 4 piattaforme in Italia lo ricevono. Oltre al danno, la beffa: si paga, addirittura, una sovra tassa dai produttori proprio per il fatto che questo materiale non sia per nulla riciclabile.
“Noi continuiamo a sostenere occorre ridurre a monte i rifiuti – concludono – Non dobbiamo combattere solo la plastica, ma la cultura dell’usa e getta che sta contribuendo a distruggere l’ecosistema. E l’acqua in brik non ci aiuta“.
Attenzione, dunque, a dove si nasconde la verità.