L’esploratore Alex Bellini ci ricorda l’importanza di una risorsa che viene data per scontata, aprendoci gli occhi sulla tragica situazione che vivono molte persone in alcuni paesi del mondo.
L’importanza dell’acqua è indiscutibile, ma molto spesso è data per scontata. Quanti di noi tengono i rubinetti aperti, a volte, anche quando non stanno utilizzando l’acqua che scorre? Quanta acqua gettiamo per le nostre abitudini quotidiane?
Alex Bellini è un mental coach, esploratore e divulgatore ambientale. Diventato celebre per le sue imprese estreme (come le traversate oceaniche a remi, da solo e senza alcun aiuto o la camminata attraverso l’Alaska), dal 2019 è impegnato nel progetto “10 rivers 1 Ocean” con l’obiettivo di navigare i dieci fiumi più inquinati al mondo.
Proprio questo suo viaggio lo ha portato a pubblicare un lungo post, sui social, in cui parla dell’importanza delle risorse idriche e del problema che ne deriva in molti Paesi del mondo.
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“Quello che ho visto a Karachi oggi, in questo luogo di luci, fame e miseria è ben più che un problema idrico. Attorno all’acqua c’è una vera e propria guerra, non una guerra a colpi di granate, ma una guerra paradigmatica“.
“Una forma di terrorismo”
Karachi è la capitale economica e finanziaria del Pakistan. Nonostante la città si affacci sul mar Arabico, registra una grave scarsità idrica. Come riportato da Alex Bellini, nei periodi peggiori di siccità l’acqua non scorre nemmeno dai rubinetti, oppure se riesce a scorrere è fortemente inquinata. A causa della mancanza di questa risorsa, l’acqua potabile arriva a costare molto più di quanto dovrebbe.
“Se le guerre del XX secolo sono state combattute per il petrolio, quelle del XXI secondo avranno come oggetto del contendere l’acqua, che è la dimensione più pervasiva, più grave e meno visibile della devastazione ecologica della terra“, aggiunge.
Così, camminando per le vie della città pakistana, Alex ha tristemente assistito a un conflitto tra due culture: “quella dell’acqua come necessità ecologica, contrapposta a quella imprenditoriale che la considera una merce di scambio. Per alcuni addirittura un lusso“.
E proprio qui, l’esploratore dalle imprese estreme ha osservato un’altra contrapposizione: quella tra una “cultura non sostenibile, non rinnovabile e inquinante della plastica” e quella delle “civiltà basate sul fango, sul tirare a campare, dove milioni di persone e di animali chiedono quel minimo di acqua necessaria al sostentamento“.
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In conclusione, ciò che ha colpito Alex in questo viaggio è stata la drammatica consapevolezza che l’acqua è anche una risorsa che può essere sottratta in modo forzato alle persone. Negarne l’accesso ai poveri, privatizzarne la distribuzione e inquinare i pozzi e le falde viene infatti definita dall’esploratore “una forma di terrorismo“.