Migliaia di salmoni muoiono letteralmente “cotti” dall’acqua del fiume che ha raggiunto temperature record. Effetto drammatico di una ondata di caldo eccezionale e della mano dell’uomo.
Stanno morendo in migliaia. La situazione descritta dalla Columbia Riverskeeper e filmata in questo video del 16 luglio scorso è drammatica ed è stata associata all’ondata eccezionale di calore che in queste settimane ha toccato una grande area collocata a Nord-Ovest dell’Oceano Pacifico. I salmoni muoiono letteralmente “bolliti” a causa della stessa acqua che dovrebbe rappresentare il loro habitat.
Da queste immagini che ha girato la ONG che sta seguendo e monitorando la moria che riguarda i fiumi di Lower Snake e Columbia (il fiume più grande a sfociare nel Pacifico Nord-Occidentale), si vedono distintamente delle macchie bianche sulle squame di questi salmoni, sembrano delle “ustioni” e si riconosce il loro nuotare stordito e disorientato nell’acqua. Secondo gli esperti le macchie sarebbero delle infezioni fungine che attaccano i pesci stressati dall’eccessivo calore dell’acqua.
Così salmoni si ammalano fino a morire a causa dell’innalzamento della temperatura senza trovare alcuna via di fuga.
La causa originaria del surriscaldamento del fiumi
Secondo l’organizzazione di volontariato la causa di questa moria non è solo quella del surriscaldamento dell’acqua dovuto al cambiamento climatico. Ad incidere pesantemente e determinare l’origine di questo problema è un’altra causa dovuta sempre dalla mano dell’uomo: l’avvenuta costruzione di dighe.
Sarebbero infatti queste costruzioni ad impedire che l’acqua del fiume Columbia ed dei suoi affluenti si mantenga fresca e pulita. Queste costruzioni cambiano del tutto le condizioni naturali dei corsi d’acqua e creano dei grandi bacini stagnanti che assorbono l’energia del sole. Sarebbe quindi questa la causa primaria del disastro che si sta verificando in queste settimane e che appare come un disastro annunciato poiché già nel 2015 le alte temperature avevano similmente causato la morte di oltre 250.000 esemplari.
L’uomo ha stravolto la fisionomia di questi fiumi, ed ora il cambiamento climatico sta aggravando la situazione. Organizzazioni come Columbia Rivekeeper stanno portando avanti un grande lavoro anche legale e non solo per proteggere il salmone ma con lui anche tutto il territorio cercando di stoppare l’inquinamento fluviale ed i progetti di trivellazione ed estrazione di combustibili fossili, per ristabilire gli habitat in pericolo.
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