La degradazione delle foreste pone limiti alla capacità di assorbimento di anidride carbonica. Non vi è più tempo di discutere.
La notizia è tra le più rilevanti e ci conferma quanto uno dei polmoni verdi del mondo sia gravemente malato. Nel decennio 2010-2019, l’Amazzonia ha rilasciato 2,5 milioni di tonnellate in più di CO2, più di quanto ne abbia assorbite nello stesso lasso di tempo. Il motivo risiede nella perdita di biomassa della foresta stessa; l’appiccamento d’incendi e la deforestazione rimangono le maggiori cause di perdita della foresta. A questo si aggiunge il danno causato dalla degradazione forestale.
Cosa s’intende per degradazione forestale?
Il concetto ѐ semplice se si pensa alle foreste come un organismo. Gli organismi strutturano la loro esistenza intorno alle risorse che li circondano: le piogge o i pozzi d’acqua, le fonti di nutrimento disponibili e così via. Se le risorse dovessero cambiare di qualità o intensità, gli organismi vi si adattano per poter sopravvivere.
Similmente accade con le foreste. Le ridotte precipitazioni e l’aumento delle temperature hanno causato la “morte” naturale degli alberi più anziani nella foresta Amazzonica. Secondo un rilevante studio pubblicato quest’anno su Nature Climate Change, la perdita di questi arbusti ha contribuito per il 73% all’impoverimento della biomassa totale della foresta. In altre parole la degradazione forestale ѐ un’occorrenza naturale, nella quale la foresta non viene distrutta ma semplicemente ‘muore’ per mancanza di risorse.
Tutte le foreste sono sottoposte a degradazione
Uno studio condotto da ricercatori dell’Università di Leeds e Ghent pubblicato su Nature nel 2020, ha dimostrato come la degradazione forestale avvenga anche in quelle foreste non minacciate dall’azione umana diretta.
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Una scoperta preoccupante se si considera che l’anidride carbonica rilasciata a causa della degradazione forestale ѐ tre volte maggiore di quella causata dalla deforestazione.
Questo non significa che la deforestazione sia giustificata, al contrario: se ѐ presente un’altra causa di mortalità forestale diffusa su ampia scala bisognerebbe salvaguardare il più possibile quelle porzioni di foresta in “salute”.
Un problema preoccupante
Tommaso Anfodillo del Dipartimento di Territorio e Sistemi agro-forestali dell’Università di Padova spiega perché la degradazione preoccupa gli esperti molto più della deforestazione:
Se questa fosse causata da un costante aumento di CO2 nell’atmosfera unito ad un deficit di fenomeni evaporativi, la degradazione continuerà nel tempo senza freni.
“ciò che preoccupa è che con l’aumento della temperatura, certe foreste anziché diventare assorbitori netti diventano emettitori netti di anidride carbonica, aggravando ulteriormente lo stato della CO2 in atmosfera.”
Un problema che interessa ogni popolo, indipendentemente dalla sua vicinanza alle foreste.
“Se vogliamo preservare le foreste pluviali anche i governi europei devono sostenere queste politiche, innanzitutto investendo risorse per la tutela” conclude Anfodillo.
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Tutti i governi del mondo devono collaborare per risanare le foreste e rallentare la perdita di arbusti in salute. Non vi ѐ tempo per discussioni futili. Se attendiamo troppo tempo l’aria fresca del cambiamento potrebbe non arrivare mai.