Un vero e proprio golpe per la storia folkloristica della Spagna. La tanto discussa corrida è stata estromessa dall’UNESCO come patrimonio immateriale per l’umanità. Scopriamo cosa é successo e perché.
Ci sono volute più di 985 organizzazioni nonché molte firme perché si ottenesse il tanto aspettato risultato: l’Unesco ha rifiutato la candidatura della corrida come patrimonio culturale immateriale dell’umanità.
La notizia non ha fatto piacere al presidente dell’Associazione Internazionale della Tauromachia, William Càrdenas, il quale insiste, da sempre, per salvaguardare le sorti di questa pratica, a sue detta, carica di valori storico-culturali.
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Inoltre, non sarebbe la prima volta che l’UNESCO include tradizioni di dubbia natura all’interno del suo programma di protezione. È il caso della Charreria, festa messicana simile al Rodeo.
L’arte della tortura dai tempi del neolitico: un’evoluzione lunga secoli
Se non tenessimo conto della violenza nei confronti dei tori, vittime principali di questa pratica barbara e violenta, apprezzeremmo senza dubbio il legame affettivo tra uomo e festa.
È stato Giulio Cesare uno dei primi a documentare dell’esistenza della tauromachia nel suo De Bello Gallico, raccontando di tori possenti e pericolosi che dovevano combattere con i gladiatori.
Durante la dominazione araba, la lotta con i tori era un passatempo per intrattenere, ma anche un allenamento per i soldati, i quali acquisivano forza e coraggio.
Intorno al XIV secolo, poi, il toreador diventa una figura professionale a tutti gli effetti. Infatti, il re decide di chiamare due matadores dalle regioni del sud per combattere dinnanzi alla corte reale.
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Toro 1 – uomo 0: le proteste dell’opinione pubblica
Al giorno d’oggi, l’opinione pubblica della penisola iberica si divide in due posizioni diametralmente opposte. Non mancano proteste e scontri efferati.
A Madrid, per esempio, tantissimi manifestanti si sono riuniti con rabbia. Le loro richieste miravano a condannare la violenza che ogni anno tutti i tori sono costretti a subire, morendo per mano del matador.
Anche in Portogallo, 1500 manifestanti si sono riuniti nel mese di agosto per combattere la guerra di questa tortura insensata.
Infine, Esteban Miñano, presidente dell’associazione “La Tortura no es Cultura”, sottolinea che anche l’ONU vuole proteggere i giovani dalla violenza dalla pratica dell’uccisione dei poveri animali.
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È chiaro che uccidere per divertimento non è assolutamente piacevole. Nemmeno quando si tratta di uccisioni di chi non si può difendere, se non con un bel paio di corna.