Il governo giapponese e la società TEPCO giunti ad una decisione shock ed allarmante per il mondo intero. Tanta la preoccupazione per l’ambiente e le comunità locali.
Dopo il disastro alla centrale nucleare di Chernobyl, quello avvenuto a Fukushima DaiiChi nel 2011 resta nella memoria collettiva come uno dei più gravi della storia. Entrambi, infatti, sono gli unici a essere classificati come livello 7 nella scala Ines – il valore massimo per quanto riguarda gli incidenti nucleari.
A causa di un maremoto e terremoto, l’11 marzo 2011 vennero spenti i reattori della centrale nucleare ma restarono attivi gli impianti di raffreddamento per disperdere il calore generato dalle reazioni nucleari residue. Lo tsunami però, con un’onda di circa 14 metri, intaccò i generatori di emergenza che alimentavano gli impianti e in seguito si verificarono blackout ed esplosioni all’interno dei reattori. Nelle settimane successive iniziarono a disperdersi elementi radioattivi nell’Oceano Pacifico.
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Il disastro avvenuto in Giappone ebbe, oltre alle conseguenze sanitarie, anche un forte impatto ambientale. La Tokyo Electric Power Company Holdings (TEPCO), azienda che gestiva l’impianto al momento dell’incidente, dichiarò che nell’acqua di mare vicino al canale di scarico di alcuni reattori erano presenti quantità di cobalto, cesio e iodio oltre i livelli massimi consentiti. Nei giorni successivi, i livelli di radioattività in mare raggiunsero picchi senza precedenti.
Ora, a distanza di 10 anni, la stessa società ha ideato un nuovo piano per smaltire le acque contaminate del sistema di raffreddamento dei reattori. Un metodo che, purtroppo, avrà ripercussioni ancora una volta sull’ambiente e sulla salute delle persone.
Acqua contaminata scaricata in mare
La decisione di scaricare in mare le acque reflue radioattive era stata presa dal Governo nipponico lo scorso aprile: già mesi fa, associazioni ambientaliste come Greenpeace Giappone avevano condannato questa scelta in quanto ignorava “completamente i diritti umani e gli interessi della gente di Fukushima e in generale del Giappone e della parte di Asia che si affaccia sul Pacifico“.
Ad ogni modo, pochi giorni fa la TEPCO si è nuovamente scusata per le conseguenze dell’incidente avvenuto nel 2011 ma non ha abbandonato l’idea di gettare le acque contaminate nel mare. Il progetto che ha presentato vuole, secondo le intenzioni della società, “garantire la sicurezza al fine di intraprendere azioni approfondite per ridurre al minimo gli impatti negativi sulla reputazione (del luogo)”. Sull’impatto ambientale di tale misura, tuttavia, non si è espressa.
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L’azienda, dunque, ha ideato un tunnel sottomarino di circa 2,5 metri di diametro che porterà al mare l’acqua attualmente stoccata nell’area della ex centrale nucleare. Ogni giorno si stoccherebbero, al momento, ben 140 tonnellate di acqua radioattiva nell’impianto. Con il progetto dello smaltimento offshore, TEPCO andrebbe a “disperdere più facilmente l’acqua rilasciata” nel mare; il completamento dell’impianto è previsto per il 2023.
L’azienda sostiene di aver pensato anche agli eventuali danni che verranno provocati al mercato dei prodotti ittici, ma è tanta la preoccupazione da parte dei pescatori e delle comunità che vivono nell’area. Anche la Cina ha espresso contrarietà al progetto, sostenendo che “il Giappone non deve avviare volontariamente il processo di sversamento delle acque nucleari in mare prima che i Paesi direttamente coinvolti e la comunità internazionale non abbiano discusso sufficientemente per raggiungere un accordo” – così il portavoce del Ministero degli Esteri Wang Wenbin.