“Sei brutto come la fame”! Un’espressione carica di significato perché d’altronde, la fame é brutta. Eppure, c’è chi non è d’accordo e ce lo dimostra con una serie TV. Scopriamo come!
In un presente animato dalla superficialità e dal consumismo estremo, le vere vittime sono i cibi che ogni giorno vengono gettati nella pattumiera perché non conformi agli standard del consumatore.
Abbagliati da un assurdo concetto di bellezza deciso dai social, nessuno si rende conto di quanto questo comportamento influenzi le scelte di acquisto della gente, che continua a prediligere il cibo “bello”.
È proprio la FAO uno dei primi enti a condannare lo spreco alimentare del nostro presente. Si dà il caso che la produzione del cibo buttato ammonti a circa il 38% del totale prodotto.
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In termini di sostenibilità ambientale, questo dato si traduce in ben 1,4 milioni di ettari di terreno e oltre 250 chilometri cubi di acqua che potrebbero benissimo essere spesi per altro consumo.
Dal punto di vista umano, i dati sono angoscianti: ci troviamo di fronte ad una popolazione che lotta contro l’obesità, a fronte di 700 mila esseri umani che non riescono a consumare nemmeno un pasto al giorno.
La vera difficoltà legata al procacciarsi del cibo non risiede nella sua scarsa produzione, ma all’accesso delle materie prime. Ragionando in questi termini, lo scenario presentato risulta pietoso e senza apparente risoluzione.
L’aspetto più sorprendente dell’essere umano è comunque quello di trovare sempre una via d’uscita in tutte le situazioni, anche quelle che non sembrano averla.
Per una volta, l’effetto social ci regala una serie TV, ideata da Marco Cortesi e Mara Moschini dal titolo Green storytellers – Food Rescue, realizzata grazie al crowfounding e cofinanziata da Infinity+.
Un’indagine condotta da due viaggiatori che cercano di scoprire chi si prende cura, protegge e ama il cibo. In 18 puntate, l’intenzione è quella di creare consapevolezza quando si parla di spreco alimentare e fornire numerosi esempi italiani di chi combatte lo spreco, a partire dalla produzione fino alla condivisione con i meno abbienti.
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Un entusiasmante racconto è quello di Antonio di Giovanni che, a Firenze, coltiva funghi grazie ai fondi di caffè gettati dai bar limitrofi, i quali peraltro contengono un sacco di nutrimento.
Al tacco dello stivale, più precisamente a Bari, la signora Antonia, anni 87, e i volontari di Avanzi popolo 2.0, distribuisce gli alimenti donati dai commercianti a circa 80 famiglie bisognose dei Paesi limitrofi.
Un buon appetito, quindi, a tutti quelli che si ricorderanno che il bello del cibo non è una foto postata su Instagram, ma la condivisione del momento della tavola, brutta o bella che sia!
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