Salvaguardano l’80% della biodiversità mondiale, vivono in connessione con la natura. Si celebra il 9 agosto la giornata dei popoli che curano il Pianeta.
Le popolazioni Indigene hanno una connessione viscerale con la natura che li circonda: vivono a pari passo con le stagioni, conoscono profondamente il territorio, si nutrono di quello che il loro habitat offre e riescono a percepire il triste lamento di un ecosistema sulla via del declino. Questa connessione si manifesta anche nel loro modo di parlare, nel quale definiscono la natura e la loro stessa vita come un unico concetto inscindibile.
Per loro, l’incendio di una foresta o lo scioglimento della calotta artica significa la perdita di una porzione della loro casa, con tutte le conseguenze che questo comporta, spesso particolarmente legate all’approvvigionamento per l’intero gruppo.
Ad esempio, il portavoce del gruppo indigeno Brasiliano Yanomami ha rilasciato nel 2015 il seguente commento riguardante la perdita della foresta nella quale lui e la sua tribù vivono: “Non potete continuare a ucciderci, a uccidere noi Indiani della foresta. Noi sappiamo prenderci cura della nostra foresta.”
Il cambiamento climatico pone diverse sfide ai vari popoli indigeni, ma tutte di egual potere distruttivo: le comunità dell’Artico combattono tempeste sempre più aggressive dovute allo scioglimento del permafrost; i gruppi aborigeni che vivono nel Chad devono allontanarsi per trovare nuovi pozzi d’acqua per via del progressivo prosciugamento del bacino del lago Ciad; nelle aree a sud-est in Australia, le piogge sono sempre meno frequenti, e le temperature sempre più alte.
Oltre ai problemi legati al cambiamento climatico, gli indigeni devono anche far fronte alle difficoltà causate dai paesi più sviluppati, i quali si appropriano dei territori aborigeni in nome dell’economia e del progresso.
Secondo LandMatrix.org, il più grande database che raccoglie i patti di acquisizione di terre, quasi il 60% di terra acquisita nel mondo è sottratta a popoli indigeni.
Che sia per la costruzione di metanodotti come sta accadendo in Canada, o per l’installazione di 226 ettari di pannelli solari in Taiwan, questi progetti causano ulteriore danno e minacciano di stravolgere la vita delle comunità locali.
Nonostante l’ONU abbia riconosciuto l’importanza di questi popoli, le loro voci non sono sufficientemente ascoltate. Il problema in questo caso è politico: moltissimi territori indigeni non sono riconosciuti come tali, e così i loro abitanti. Per questo motivo gli indigeni non possono contribuire o ostacolare importanti leggi e decisioni ambientali. Non riconoscere questi popoli rende inoltre difficile l’inizio di una causa legale.
Per far fronte a questo problema, L’UNESCO ha idealizzato una lista di obiettivi da raggiungere entro il 2030, pensati per promuovere e difendere le popolazioni indigene ed i loro territori.
La politica dell‘Unesco sul coinvolgimento dei popoli indigeni include obiettivi per facilitare l’ingresso ai popoli indigeni nelle comunità educative e scientifiche, creare infrastrutture pensate per la rappresentazione di questi popoli, le loro donne ed i loro giovani, e s’impegna ad aiutare queste popolazioni nella lotta contro il cambiamento climatico, particolarmente nella salvaguardia degli oceani e delle foreste.
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Questo ‘protocollo’ ѐ un primo step nel riconoscimento di questi popoli e dei loro diritti fondamentali, inclusi quelli inerenti ai loro territori.
Nel testo si conferma la sovranità dei popoli indigeni: “I popoli indigeni hanno il diritto all’autodeterminazione (…) hanno il diritto all’autonomia o autogoverno legata ai loro affari interni e locali.”, e il loro coinvolgimento nelle decisioni che fondamentalmente influiscono sulle loro vite: “(…) saranno stabiliti modi e mezzi per garantire la partecipazione dei popoli indigeni sulle questioni che li riguardano.”
La Piattaforma per le Comunità Locali e Persone Indigene, è stata istituita come corpo rappresentativo di questi popoli alla Convenzione delle Nazioni Unite sul Cambiamento Climatico. Attualmente attiva, permette a diverse comunità indigene di raccogliere conoscenze ed organizzare riunioni per presentare richieste o problematiche all’ONU.
È ora di dare spazio a queste comunità che portano con loro un sapere antico di centinaia di anni. È ora d’imparare da loro come ascoltare la terra e capire come aiutarla al meglio.
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