Le immagini di un’altra “isola di plastica”, scoperta di recente, sono sconvolgenti. Se non fermiamo il consumo di plastica, uccideremo l’ecosistema marino.
Da anni è ormai nota a tutti la prima “isola di plastica” al mondo, la Great Pacific Garbage Patch (conosciuta anche come Pacific Trash Vortex). Un ammasso galleggiante di rifiuti, principalmente plastica, che si trova nell’Oceano Pacifico tra la California e le Hawaii ed equivale alla superficie dell’intero Canada: 3 milioni di tonnellate di detriti che infestano il mare e danneggiano il suo ecosistema.
Oltre a questa immensa isola di rifiuti, però, ne è stata documentata un’altra altrettanto impressionante nell’Oceano Atlantico, al largo della spiaggia di Montesimos a Santo Domingo. Una vera e propria “zuppa di rifiuti” che contiene per lo più forchette di plastica, cucchiai, bottiglie. Questa enorme macchia di immondizia nel mare è stata immortalata da Caroline Power, fotografa e attivista, che ha spiegato i rischi per gli abitanti del mare di quest’area:
“Si tratta di un habitat fondamentale per i giovani pesci e le tartarughe marine“. E aggiunge: “Anche i rifiuti che vengono gettati nelle discariche possono finire negli oceani“.
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Queste isole di rifiuti vengono create con la forza delle correnti marine, concentrando i materiali di scarto in un punto specifico dell’oceano e lasciandoli lì per anni o decenni. Questi materiali costituiscono un pericolo enorme per la fauna marina: animali come le tartarughe possono restare intrappolate e rischiare di morire. Dalla plastica decomposta, poi, si generano le microplastiche che vengono ingerite dai pesci e finiscono nella catena alimentare.
Purtroppo, differenziare non è la soluzione a tutti i problemi dell’ambiente. Di tutti i rifiuti plastici che vengono differenziati, in media solo il 20-25% viene riciclato e trasformato in nuovi oggetti. Il resto finisce in discarica e, successivamente, può dunque arrivare fino ai nostri mari.
“Nel 2050, gli scienziati stimano che gli oceani conterranno più plastica che pesci“, evidenzia ancora Caroline Power. E, in merito al problema della plastica che finisce nei nostri mari, sottolinea: “Riciclare non è la risposta. Il riciclo della plastica, utilizzando le attuali tecnologie, è inefficiente“.
Ecco perché le aziende devono essere attente ai processi produttivi ma anche al prodotto finale stesso. Continuare a produrre plastica non aiuta certamente a risolvere la questione: anche se tutti decidessimo di differenziare i materiali plastici che gettiamo tra i rifiuti, una percentuale finirà inevitabilmente nelle acque e andrà a danneggiare gli ecosistemi marini.
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Come fare, dunque, per evitare questo circolo vizioso? Da parte nostra, come consumatori, dovremmo scegliere di acquistare prodotti che non contengano plastica: non compriamo confezioni e prodotti monouso, di cui tra l’altro molti sono stati bannati dall’Ue a partire da luglio 2021, ma preferiamo materiali che effettivamente possono essere riutilizzati o avere una seconda vita. Se tutti ci impegnassimo di più in questi consumi virtuosi, il mondo ne risentirebbe solo che in positivo.
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