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L’Italia dice basta alle auto inquinanti | Sarà davvero così?

Anche l’Italia sembra aver preso una drastica decisione, annunciando lo stop alla produzione di auto inquinanti. Ma, sarà davvero così? Continua a leggere per scoprirlo.

Il settore dei trasporti, purtroppo, fa anch’esso parte della lunga lista di fattori inquinanti che contribuiscono al riscaldamento globale. Secondo le stime, all’inizio del secolo, esso era responsabile di circa il 25% delle emissioni di gas serra. Oggi, però, le cose sono notevolmente cambiate, ma non in meglio.

Auto (Pixabay)

Molteplici studi hanno dimostrato che la percentuale di emissioni inquinanti da parte dei mezzi a combustione fossile sono aumentate. Già nel 2019 si è passati a ben il 32% di gas prodotti.

Andando avanti negli anni la situazione è continuata a peggiore e continuerà a farlo fino a quando non si troverà una soluzione valida e duratura. A tal proposito, la Commissione europea ha progettato un piano d’azione molto importante.

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L’intento principale è quello di rendere l’area appartenente all’Unione Europea una zona a impatto climatico zero.

Affinché questo proposito possa realmente concretizzarsi, il settore dei mezzi di trasporto è stato uno di quelli maggiormente coinvolti e considerati nella pianificazione delle strategie.

Per questa ragione, il ruolo dei combustibili ecologici e le potenzialità dell’idrogeno, sono stati i due temi valorizzati e resi obiettivo centrale per la buona riuscita della transizione ecologica.

Anche l’Italia dice basta alle auto inquinanti

Stop auto (Pixabay)

L’Italia, insieme a molti altri grandi Paesi appartenenti all’Unione Europea, ha deciso di allinearsi e di dire basta alla produzione di auto inquinanti. Il nostro Paese intende intraprendere il percorso di transizione ecologica di cui tutti parlano e contribuire alla riduzione dei gas serra.

A testimonianza di quanto detto, si trova l’annuncio ufficiale del Cite (Comitato interministeriale per la transizione ecologica). Durante l’ultima riunione, avvenuta il 10 Dicembre 2021, si sono confrontati alcuni degli esponenti più importanti della politica.

Infatti, all’evento erano presenti anche il Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani, il Ministro delle Infrastrutture e delle Mobilità Sostenibili Enrico Giovannini e il Ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti.

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Questi, insieme a tutti gli altri membri del Ministero della Transizione Ecologica, hanno definito le tempistiche che verranno seguite per sostituire tutti i veicoli con motore a combustione interna.

La decisione è stata adottata seguendo la stessa linea di tutti gli altri Paesi europei. Infatti, si è optato per l’eliminazione graduale delle auto inquinanti che dovrà avvenire entro il 2035.

Invece, per quanto riguarda i mezzi più pesanti come i furgoni e mezzi di trasporto commerciali, l’abolizione dovrà esserci entro il 2040.

Grandi problematiche in vista

Azienda di auto elettriche (lifegate.it)

L’annuncio della messa al bando delle nuove auto a benzina e a diesel entro il 2035, si sta purtroppo rivelando un’arma a doppio taglio. La decisione presa dal Cite è senza dubbio una coraggiosa presa di posizione a favore dell’ambiente e della transizione ecologica.

Tuttavia, non tutti la pensano allo stesso modo. Infatti, l’Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica ha avanzato il suo disappunto a riguardo. Secondo l’organizzazione, le scelte sono state prese senza tener conto degli effetti negativi che queste potrebbero comportare.

Quella del Comitato Interministeriale per la Transizione Ecologica è stata una dichiarazione importante che ha allarmato l’intera filiera produttiva automotive italiana. Una paura, la loro, assolutamente giustificata, poiché migliaia di persone rischierebbero di perdere il posto di lavoro.

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La Clepa (Associazione Europea della Componentistica) ha eseguito uno studio sugli effetti che lo stop della produzione di auto inquinanti potrebbe avere sul settore automobilistico italiano.

I dati hanno rivelato che, una scelta così drastica, potrebbe causare la perdita di quasi 70.000 posti di lavoro entro il 2030. Un numero che, nel corso di soli 10 anni, potrebbe aumentare fino a raggiungere un tasso di disoccupazione che riguarderebbe oltre 70.000 persone.

Tenendo conto di tutto ciò, è ovvio come questo non sia il modo giusto di affrontare la transizione ecologica. Un approccio più morbido e graduale, forse, sarebbe più adatto.

In ogni caso, il discorso non si concluderà presto e il risultato finale resta tutt’oggi incerto e contornato da non pochi dubbi e perplessità.

Alessandra Della Gatta

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