In Italia migliora l’estensione delle coltivazioni biologiche, così come diminuiscono le emissioni di gas serra e il consumo del suolo. Tutti i dati.
L’Istat ha presentato il quarto Rapporto sui Sustainable Developmente Goals (SDGs) che sono stati fissati dall’ONU per l’Agenda 2030.
Molti sono gli aspetti presi in esame, seguendo i 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile, e l’Italia ha ottenuto alcuni risultati degni di nota. In particolare, ci sono stati miglioramenti per quanto riguarda le coltivazioni biologiche, le emissioni di gas serra e il consumo di suolo. Ma sono tanti gli aspetti e le implicazioni da valutare per ogni singolo elemento, come spieghiamo di seguito.
Secondo quanto riportato dall’Istat, nel 2019 l’estensione delle coltivazioni biologiche ha raggiunto il 15,8% della superficie agricola utilizzata in Italia: un buon dato, soprattutto considerando che rappresenta quasi il doppio della media europea. Ciò nonostante, l’aumento delle superfici convertite all’agricoltura biologica o in fase di conversione (+1,8%) è il più basso dal 2012 ed è negativo nel Mezzogiorno.
Inoltre, nel nostro Paese si attenua la pressione dell’agricoltura sull’ambiente. Nel 2019 sono stati distribuiti 485 kg di fertilizzanti e 13,2 di fitofarmaci per ettaro, ovvero -5% e -3,1% rispetto al 2018.
Sempre nel 2019, in Italia prosegue la riduzione delle emissioni di CO2 per unità di valore aggiunto. Purtroppo, però, sono in crescita le emissioni provenienti dal trasporto aereo e marittimo.
Nel 2019, ancora, diminuiscono le emissioni di gas serra: si registra infatti un -2,8% rispetto all’anno precedente. Prosegue dunque la tendenza di riduzione del volume delle emissioni di gas serra che era iniziata nel 2005.
Ci sono però alcune attività che hanno un impatto negativo in quest’ambito. L’industria manifatturiera è la maggiore responsabile delle emissioni di gas climalteranti (21,1%); segue il settore della fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata (19,3%).
Hanno invece un impatto più ridotto trasporti e magazzinaggio (9,5%), agricoltura, silvicoltura e pesca (9,1%) e fornitura di acqua reti e distribuzione (5,5%). Infine, le attività delle famiglie pesano per il trasporto e il riscaldamento/raffreddamento, per il 14,4% e l’11,2%.
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Anche il consumo di suolo rallenta, purtroppo però “non abbastanza da poter guardare con ottimismo all’obiettivo dell’azzeramento entro il 2030“, spiega il report dell’Istat.
Nel 2019 si sono infatti aggiunti altri 51,9 km2 di suolo occupato da urbanizzazione, portando al 7,1% la quota di superficie impermeabilizzata. Inoltre, aumenta la frammentazione delle aree extraurbane, che interrompe la continuità degli ecosistemi, arrivata al 36,1% del territorio nazionale.
L’Istat ricorda che “l’Italia si è impegnata ad azzerare il consumo di suolo entro il 2030 con la Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile (2017)“. Una buona notizia è che tra il 2015 e il 2020, “mentre a livello mondiale proseguiva la tendenza negativa del quinquennio precedente, in Italia la copertura forestale è aumentata più che in qualsiasi altro Paese dell’Ue”.
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