I nurdle sono dei piccoli elementi in plastica: un problema sottovalutato, ma enorme per i mari e i suoi abitanti. Purtroppo, sono molto più diffusi di quel che pensiamo.
L’inquinamento marino è un problema ormai evidente a tutti. Le cosiddette “isole di plastica“, il più conosciuto è il Pacific Trash Vortex, sono sempre più diffuse e non accennano a diminuire.
Nonostante l’impegno di alcune associazioni ed enti per rimuovere i rifiuti dagli oceani, la plastica resta tutt’oggi un’evidente fonte inquinante presente ovunque nel mondo. Non solo gli oggetti che siamo abituati a utilizzare e vedere (tristemente) sulle spiagge e sulla superficie dei mari, ma anche piccoli elementi di cui forse non conosciamo nemmeno l’esistenza.
Sappiamo che le plastiche, quando si decompongono, vanno a formare microplastiche: queste ultime sono ancora più pericolose per l’ecosistema marino. Se da un lato i rifiuti plastici possono intrappolare o essere ingeriti da alcuni animali, infatti, le microplastiche entrano facilmente anche nei più piccoli abitanti del mare perché vengono spesso confusi per cibo.
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C’è però un pericolo ancora più grande, ma sottovalutato. Si tratta dei cosiddetti “nurdle“, elementi (tecnicamente definiti “pellet di plastica pre-produzione“) presenti in tutti i prodotti in plastica e che possono essere realizzate in polietilene, polipropilene, polistirene, cloruro di polivinile e altre materie plastiche.
I nurdle possono affondare o galleggiare, in base alla densità del pellet e alla loro presenza in acqua dolce o salata, ma in ogni caso sono un enorme problema per l’ecosistema marino.
Cosa sono i nurdle e perché sono un problema
I nurdle, come detto, sono piccole palline di plastica delle dimensioni di una lenticchia. Purtroppo, se vengono rilasciati nell’ambiente, spesso finiscono negli animali: uccelli marini e pesci li confondono con il cibo e quindi li ingeriscono.
Si pensa siano materiali di poco conto, in realtà sono la seconda fonte di microinquinanti nell’oceano dopo la polvere dei pneumatici. Ogni anno, infatti, sono 230.000 le tonnellate di nurdle che finiscono negli oceani.
Oltre 200 specie marine hanno mostrato segni di microplastiche nel proprio corpo: queste ultime possono rimanere intrappolate nello stomaco, causando ulcere e rovinando la loro alimentazione fino a portarli alla morte.
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Inoltre, i nurdle sono tossici e quindi hanno effetti secondari sia sugli animali sia sugli ecosistemi. Sulle spiagge possono arrivare a modificare la temperatura e permeabilità della sabbia, causando problemi per la nidificazione delle tartarughe.
La produzione di oggetti in plastica, dunque, dimostra tutta la sua negatività per gli ecosistemi e chi vi abita: plastica, microplastica e nurdle sono solo le espressioni più concrete di tale problematica che infesta i mari.