Dopo la pandemia, i wet market sono visti come una vera e propria fonte di virus. L’Unione Europea sta lavorando per limitarli, così come la vendita di carne di animali selvatici.
La pandemia di Coronavirus ci ha aperto gli occhi su una realtà molto diffusa in Oriente, prima a molti di noi sconosciuta: quella dei wet market. Si tratta di mercati in cui si effettua la macellazione degli animali dal vivo, dunque i luoghi in cui essi vivono sono gli stessi in cui vengono uccisi e venduti.
Secondo quanto riportato da Lav (Lega anti vivisezione) Italia, in questi posti si nascondono numerosi rischi per la salute. L’associazione evidenzia, infatti, come ebola, influenza aviaria e Covid-19 si siano diffusi a partire dallo sfruttamento degli animali. In particolare di quelli esotici, molto spesso venduti e trafficati illegalmente.
Il fatto che specie diverse stiano a stretto contatto tra loro, in una convivenza forzata, aumenta il rischio di diffusione di nuove zoonosi. Queste ultime si possono trasmettere tra specie diverse di animali ma anche all’uomo. I wet market sono dunque luoghi potenzialmente pericolosi per la salute nostra e degli animali.
Purtroppo ci sono realtà molto simili ai wet market anche nel nostro Paese, nonostante in Italia esista una legge che vieta il commercio, il possesso e l’importazione di animali selvatici ed esotici. Pensiamo a zoo, fiere, allevamenti, delfinari ma anche alle situazioni di caccia e pesca in cui gli animali uccisi vengono eviscerati sul posto.
Stop ai wet market
Secondo quanto riferito da Reuters, l’Unione Europea starebbe lavorando a un accordo globale per prevenire nuove pandemie. In questo documento sarebbe inclusa la messa al bando dei wet market, una chiusura graduale ma comunque prevista.
La tematica verrà discussa dai delegati provenienti da sei Paesi, che rappresentano le rispettive regioni del mondo: Giappone, Paesi Bassi, Brasile, Sud Africa, Egitto e Thailandia. Se venisse trovato un accordo, sarebbe firmato nel 2024.
Insomma, i wet market e la carne di animali selvatici sono due temi attorno a cui le discussioni sono ancora molto accese. Durante la pandemia, la Cina aveva promesso che sarebbe intervenuta per gestire questi mercati: ad oggi ancora nulla è stato fatto. All’inizio erano state vietate caccia, vendita e consumo di carni di animali selvatici a Wuhan (città da cui si pensa sia partito il virus) ma solo per pochi mesi.
Le associazioni di tutto il mondo si stanno battendo per la chiusura definitiva di questi mercati che, oltre ad avere un alto rischio sanitario, provocano sofferenze atroci agli animali. Purtroppo, bisogna anche considerare che si tratta di una tradizione molto radicata in Oriente e quindi difficile da combattere.