Nell’autunno del 2021, le Nazioni Unite hanno organizzato due diverse Conferenze delle Parti: la COP15 in Cina e la COP26 nel Regno Unito. Perché due eventi? Qual è la differenza?
In queste ultime settimane, l’ONU ha riunito i leader mondiali per discutere dell’emergenza che riguarda il clima ed elaborare interventi per contrastare questo problema, ormai sotto gli occhi di tutti.
Stiamo parlando della COP26, ovvero la 26^ edizione della Conferenza delle Parti a Glasgow (Regno Unito), dal 31 ottobre al 12 novembre. Va in scena, forse, l’ultima occasione del mondo per tenere sotto controllo le conseguenze devastanti dei cambiamenti climatici.
Il vertice globale sul clima si tiene da quasi tre decenni, durante i quali c’è stata una forte trasformazione del tema. Da questione marginale, infatti, é diventato un problema globale da trattare in modo prioritario e urgente.
Dall’11 al 15 ottobre, però, si è tenuta anche un’altra Conferenza delle Parti, questa volta a Kunming (Cina) e incentrata sulla tematica della biodiversità: la COP15.
In questa occasione, che si tiene ogni due anni, il focus è stato sulla protezione delle specie che popolano il nostro pianeta – una priorità al pari dell’emergenza climatica.
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Differenza tra COP15 e COP26
La COP26, dedicata al clima, è quella più nota a tutti. Meno si è parlato, invece, della COP15, che in realtà è ugualmente importante. Finora, le due conferenze sono rimaste separate, svolgendosi e agendo indipendentemente l’una dall’altra.
Tuttavia, sempre più persone che operano in questo settore hanno sottolineato la necessità di elaborare soluzioni al cambiamento climatico che contrastino entrambi i problemi in contemporanea. Si tratta, infatti, di due crisi strettamente connesse, che andrebbero quindi affrontate insieme.
Tra l’altro, quella sul Clima e quella sulla Biodiversità non sono le uniche due Conferenze delle Parti presenti. Il prossimo anno, infatti, ci sarà già un’altra COP15, la quale si terrà in Costa d’Avorio e sarà dedicata al tema della desertificazione.
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Sono tante, insomma, le tematiche all’attenzione delle Conferenze delle Parti. Per questo motivo, sarebbe opportuno (se non necessario) che i leader mondiali di Stati, organizzazioni regionali e attori non-governativi mirino non tanto a risolvere i singoli problemi separatamente, quanto a fronteggiare l’emergenza nel suo complesso.
Pensiamo a quanto avvenuto alla COP21 nel 2015, con la ratifica dell’Accordo di Parigi. Si trattò di una svolta epocale: tutti i Paesi accettarono di collaborare per limitare l’aumento della temperatura globale al di sotto dei 2 gradi, puntando a limitarlo a 1,5 gradi.
In questo momento, dunque, sarebbe necessario un segnale altrettanto epocale per arrivare a contrastare la crisi climatica nel suo complesso. Il tempo che abbiamo a disposizione fino al 2030 è, ormai, cruciale.