Secondo un recente studio, le ostriche ingerirebbero con molta facilità (e gusto) le particelle di plastica ricoperte da batteri che finiscono anche nel nostro organismo.
L’inquinamento da microplastiche nei nostri mari, e non solo, è un problema sempre più diffuso. L’impatto che hanno sugli organismi marini e sugli esseri umani è infatti dimostrato da svariati studi, ma secondo una ricerca pubblicata sulla rivista Science of the Total Environment ci sarebbe una novità che riguarda le ostriche.
Come riporta anche quest’ultimo studio, “la produzione di plastica è aumentata drammaticamente nelle ultime decadi” e i numeri sono impressionanti: siamo passati dai circa 2 milioni annuali degli anni ’50 agli oltre 350 milioni del 2017. Di conseguenza, anche i rifiuti derivanti da questo materiale sono cresciuti nel tempo.
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Secondo la ricerca pubblicata su Science of the Total Environment, “il 79% degli oltre 9 miliardi di tonnellate di plastica prodotta finora è stato depositato nelle discariche ma anche nell’ambiente, e si prevede che ciò raddoppierà entro il 2050“. Un dato sconvolgente che non lascia spazio a interpretazioni: produciamo un’immensa quantità di plastica che poi finisce irrimediabilmente per circondarci.
La plastica che viene abbandonata nell’ambiente finisce accidentalmente o intenzionalmente anche nei nostri mari, andando a degradarsi in pezzi sempre più piccoli fino a diventare appunto microplastica quando raggiungono dimensioni sotto i 5 mm. Il numero attuale di microplastiche che galleggiano sulla superficie degli oceani va dai 15 ai 51 trilioni. E queste particelle sono in grado di arrivare fino ai fondali, alle calotte polari e agli habitat più remoti.
Ma cosa c’entrano con tutto ciò le ostriche? Partiamo dal fatto che, per qualsiasi essere vivente che popola i nostri mari, ingerire microplastiche crea un danno inevitabile all’organismo. E, di conseguenza, quando noi stessi ingeriamo del pesce o dei crostacei o qualsiasi altro alimento che deriva dal mare contaminato da microplastiche, ci contaminiamo a nostra volta.
Nemmeno le prelibatissime ostriche riescono a sfuggire alla trappola delle microplastiche. Anzi, secondo lo studio sembrerebbe che proprio loro siano ghiotte di queste particelle soprattutto quando entrano a contatto anche con altre sostanze e microorganismi.
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A causa della loro vita molto statica, infatti, “le ostriche sono più vulnerabili all’accumulo di contaminanti“. Le microplastiche, a loro volta, vengono anche a contatto con microorganismi che le “colonizzano”: questo fa sì che siano veicolo ideale di microbi e agenti patogeni, che una volta ingeriti dalle specie marine producono un danno ancora maggiore per l’organismo.
Secondo lo studio, “le ostriche sembrerebbero più portate a ingerire microplastiche rivestite di batteri“. Le conseguenze, ricordiamo ancora una volta, sono anche per il consumatore finale che si ciba di queste ostriche. La plastica, dunque, è un nemico non solo per l’ambiente e la salute degli animali che vi entrano in contatto accidentalmente, ma anche per tutti noi quando mangiamo.
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