Siamo diventati una popolazione di depressi e arrabbiati, ma non si può più dare la colpa al Covid: l’essere umano è ufficialmente arrivato al capolinea
Distanziamento sociale, paura fisica ed emotiva di contrarre un virus che ci ha letteralmente invaso l’anima nel giro di pochissimo tempo, abitudini che per quasi tutto il mondo erano da non poter essere neppure considerate, quando invece sono improvvisamente diventate il pane quotidiano di tutti. L’uomo è un animale sociale, cresce insieme al proprio ‘branco’, sceglie il proprio partner e coloro con cui condividere la propria vita quotidiana, tuttavia rimane pur sempre un animale.
Come tale vive di istinti, di pulsioni primordiali che nascono in maniera viscerale da dentro e spesso le emozioni più basiche vengono letteralmente represse senza neanche accorgersene. Non siamo qui per fare nessuna lezione di filosofia o filantropia, ma è un dato di fatto che siamo diventati una popolazione di depressi, di uomini stanchi, arrabbiati e sfiduciati.
La diffusione a macchia d’olio del virus, il primissimo lockdown di Marzo 2020 e il resto dei mesi vissuti senza abbracciarci, toccarci e viverci la quotidianità familiare hanno certamente e in qualche modo segnato i nostri vissuti emotivi, quelle trame tessute nella nostra vita e improvvisamente spezzate, ma non possiamo più dare la colpa solo a questo. Gli italiani sono ormai incattiviti e se non troviamo una soluzione, cadremo presto nel baratro. Ma perché siamo così arrabbiati?
Tamponi, quarantena preventiva, contatto con positivi e poi ancora paura di infettare qualche membro della propria famiglia più cagionevole con il pericolo di fare danno: tutto questo ci ha profondamente segnato, è inutile negarlo, non possiamo e non dobbiamo. Eppure l’uomo è sempre stato un animale in grado di comandare sì i propri istinti, ma allo stesso tempo controllarli al limite del normale o dell’accettato.
La rabbia è un sentimento come un altro, essa rientra nella raccolta della gioia, del dolore, dell’eccitazione, dell’allegria più sfrenata e della delusione. Ma ha un margine di pericolosità nettamente superiore rispetto ad altre emozioni considerate ‘negative’.
Perché noi italiani siamo diventati un popolo di arrabbiati e di depressi? Perché siamo ormai stanchi di attendere, di ascoltare, di viverci, avendo invece l’indole ad ostacolarci/odiarci/frenarci?
Perché, molto semplicemente, abbiamo abusato. Di tutto. Partendo dall’alcol, il lockdown ha fortemente condizionato le nostre abitudini alimentari ed essendo costretti a vivere rinchiusi all’interno di casa propria per così tanto tempo senza uscire, senza contatti umani, la necessità di evadere mentalmente si è fatta sempre più consistente e ancora ad oggi chi ha iniziato a bere dalla venuta del Covid fa fatica a smettere. L’alcol genera non solo assuefazione, ma permette la perdita totale dei propri freni inibitori e le emozioni che albergano dentro ognuno di noi, nascoste nell’intimo possono prendere il sopravvento. La rabbia è una di queste. L’alcol poi vede una fase di down, in cui la rabbia lascia il posto alla tristezza, con stati depressivi più o meno evidenti. Questo perenne ‘scendi e sali’ in qualche modo condiziona il nostro vissuto emotivo, lo distrugge e lo segna.
Se ormai, nonostante ancora il virus mieta vittime su vittime, è possibile uscire, andare nei locali, vedersi con amici e parenti o fare una passeggiata, l’essere umano ha imparato più a comunicare in modo virtuale, ma in maniera del tutto sbagliata. Proprio dietro ad uno schermo di pc o smartphone ci sentiamo forti, in grado di poter elargire sentenze su sentenze e proprio qui sfoghiamo tutte quelle emozioni represse, prendendocela con il mondo intero. Certamente anche quest’ultimo ha una forte responsabilità sociale poiché lo Stato e la politica in genere dovrebbero sostenere, porre solide basi d’aiuto e purtroppo, in buona parte, questo non è stato evidente. Pertanto, ciò che dobbiamo al momento fare è partire dai piccoli passi, riconoscendo sin dall’inizio quegli istinti primordiali rabbiosi e/o di depressione.
Perché è solo imparando che non si è mai soli, che nessuno è un nostro reale nemico che possiamo davvero dedicarci a quel cambiamento di cui abbiamo bisogno.
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