Gli scienziati ne sono sicuri: lo studio potrà frenare gli effetti del morbo di Parkinson. I risultati sono molto positivi. I dettagli
Nel XIX secolo, il medico inglese James Parkinson ha scoperto una malattia alla quale ha dato il suo nome: il morbo di Parkinson. Lo scienziato pubblicò il primo saggio nel quale descriveva i risultati dei suoi studi nel 1817. Questa malattia neurodegenerativa provoca, sulla lunga distanza, problemi cognitivi e comportamentali importanti. Ad oggi non è ancora chiara la causa della morte in un soggetto colpito da questa malattia.
Non esiste una vera e propria cura per la malattia di Parkinson ma esistono diverse terapia per alleviare i dolori e ritardare i sintomi più gravi. Negli ultimi mesi, alcuni scienziati statunitensi hanno portato avanti uno studio che potrebbe avere dei scontri rivoluzionari per la scienza internazionale. Pare che esista una molecola in grado di frenare la malattia. I primi test sono positivi, ecco tutti i dettagli della ricerca.
La molecola che frena gli effetti della malattia di Parkinson
La fondazione statunitense Denali Therapeutics, con sede in California, ha sviluppato una molecola che potrebbe essere in grado di frenare gli effetti del morbo di Parkinson. La molecola si chiama “DNL201” e i primi test sono stati molto incoraggianti. Pare che la molecola riesca a contrastare i sintomi con un impatto positivo anche sulla patologia neurodegenerativa.
La sperimentazione è stata effettuata sugli animali e su un piccolo gruppo di pazienti umani ma in futuro sarà sicuramente ampliata. I risultati dei test sono stati pubblicati sulla rivista Science Translational Medicine. La molecola riuscirebbe a rallentare e, in alcuni casi, anche ad evitare il malfunzionamento delle cellule che provocano gli effetti più gravi dal punto di vista neurologico.
Il gruppo di pazienti umani era composto da 150 pazienti, di cui 122 sani e 28 con la malattia di Parkinson già diagnosticata. Il trattamento è durato dieci giorni ed i ricercatori non hanno riscontrato problemi di sicurezza. Adesso sarà importante ampliare il raggio d’azione della ricerca. Gli scienziati vogliono comprendere se i pazienti adatti a questa molecola siano quelli con alcune caratteristiche generiche o tutti quelli ai quali è stato diagnosticato il Parkinson.