Una ricerca ha studiato gli impatti a lungo termine dei cambiamenti climatici sulle foreste italiane. Gli alberi centenari sembrerebbero i più resistenti.
Gli esseri umani hanno abitato e trasformato gli ecosistemi delle foreste europee per migliaia di anni. I paesaggi che ne sono risultati offrono un mosaico complesso ed eterogeneo che comprende diverse tipologie di piante. Le più antiche, come quelle italiane del Parco Nazionale del Pollino, si sono rivelate un ottimo oggetto di studio per comprendere i cambiamenti climatici.
L’importanza delle foreste è da sempre indiscutibile: non solo perché permettono di mantenere la biodiversità e costituiscono un polmone verde che riduce le emissioni di CO2 in atmosfera, ma anche perché sono un vero e proprio laboratorio naturale che permette di verificare come gli esemplari vecchi e quelli più giovani rispondono ai cambiamenti avvenuti sul nostro pianeta.
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Nell’ultimo secolo, infatti, la concentrazione di anidride carbonica in atmosfera è notevolmente aumentata e ha portato a un incremento delle temperature ma anche a una maggiore infertilità del suolo. I cambiamenti climatici, però, potrebbero avere effetti negativi sulla crescita delle piante nelle foreste.
Una ricerca condotta nel 2021 da un team italo-spagnolo – pubblicata sulla rivista Science of the Total Environment – ha voluto indagare, appunto, il comportamento delle piante antiche e di quelle più giovani per capire come rispondono ai cambiamenti climatici.
Il Parco Nazionale del Pollino
Per comprendere la risposta degli alberi delle foreste ai cambiamenti climatici, è stata studiata un’area del Parco Nazionale del Pollino che si trova tra Calabria e Basilicata. La ricerca ha dimostrato che quest’area sarebbe più resistente al riscaldamento globale, rispetto ad altre foreste del Mediterraneo.
Osservando come crescono quattro tipologie di piante nel Pollino, si è potuto verificare che il segreto di conifere e latifoglie sta nella loro crescita lenta. Gli esemplari più anziani, in particolare, hanno mostrato una minore sensibilità alle variazioni del clima e dunque presentano ancora oggi un buon livello di salute.
Le più giovani, invece, continuerebbero a prosperare ma crescerebbero a una velocità più alta per via delle maggiori temperature. Questo però, a lungo andare, potrebbe avere conseguenze sulla loro longevità. La crescita stabile riscontrata negli esemplari più vecchi, dunque, non sarebbe invece presente per le specie più giovani.
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Questo ha portato il team di ricerca a concludere che le condizioni climatiche hanno un’influenza significativa sulla crescita delle foreste e sulla loro salute. Ciò permette di comprendere meglio la situazione dei vari ecosistemi e intervenire per preservare la biodiversità: la conservazione dell’ambiente montano, tra l’altro, è tra gli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu.
Lo studio fa sì che si possano programmare interventi per uno sviluppo sostenibile, puntando sul miglioramento della resilienza e resistenza delle piante ai cambiamenti climatici al fine di preservare le foreste e la loro funzione.