In Italia il Beach Litter è un problema molto diffuso. Sono sempre di più i rifiuti di plastica, mozziconi di sigaretta, cotton fioc, mascherine e guanti usa e getta.
Le nostre spiagge sono sempre più inquinate, con una media di 780 rifiuti ogni 100 metri. E’ quanto rivela il rapporto Beach Litter 2021, stilato da Legambiente, che anche quest’anno evidenzia l’enorme quantità di rifiuti che viene abbandonata sui litorali italiani.
Secondo i dati dell’indagine svolta dall’associazione, su 47 spiagge monitorate in 13 regioni sarebbero ben 36.821 i rifiuti censiti in un’area totale di 176.100 metri quadrati. Questo equivale, appunto, a una media di 783 rifiuti ogni 100 metri lineari di spiaggia: un dato che supera abbondantemente le soglie stabilite a livello europeo per considerare una spiaggia “in buono stato ambientale“, ovvero meno di 20 rifiuti spiaggiati ogni 100 metri lineari di costa.
I rifiuti rintracciati da Legambiente sono vari e per la maggior parte usa e getta. Si va dalle bottiglie ai contenitori e tappi di plastica, dai mozziconi di sigaretta ai calcinacci e frammenti di vetro fino a dischetti, guanti e mascherine che purtroppo come lo scorso anno vengono abbandonati senza ritegno.
La plastica va per la maggiore: su un terzo delle spiagge dove sono stati raccolti i rifiuti, il 90% era di questo materiale. Ma, come detto, anche l’emergenza Covid sta lasciando la sua impronta ecologica: sul 72% dei lidi monitorati sono stati trovati oggetti riconducibili alla pandemia (guanti, mascherine ecc…). Sul totale dei rifiuti campionati, oltre alla plastica ci sono vetro o ceramica (4,5%), metallo (3,2%), carta o cartone (2,9%), gomma e tessili (1,4%) e legno (1,3%).
Quali sono i rifiuti più trovati sulle spiagge? Al primo posto ci sono oggetti di plastica o polistirolo non identificati, seguiti da mozziconi di sigarette, tappi e coperchi in plastica, cotton fioc in plastica. Ancora, bottiglie e contenitori in plastica per bevande, stoviglie usa e getta in plastica, reti o sacchi per mitili od ostriche, materiale da costruzione e infine oggetti e frammenti in plastica espansa (non polistirolo).
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Le aziende, dal canto loro, non aiutano a risolvere la situazione. Nel 2019, secondo quanto riportato da Greenpeace, “la stragrande maggioranza dei rifiuti (trovati sulle spiagge, Ndr) appartiene a brand come Coca Cola, San Benedetto, Nestlè e Ferrero“. La riduzione della produzione di plastica usa e getta è, dunque, un obiettivo che moltissimi marchi devono ancora raggiungere a pieno.
Secondo quanto riportato, inoltre, nel Rapporto Spiagge 2021 di Legambiente, ci sarebbe il divieto di balneazione in oltre il 7% delle coste sabbiose italiane a causa dell’inquinamento. Sicilia e Campania sono le regioni più affette da questo problema, con in totale 55 km sugli 87 km interdetti a livello nazionale.
Il problema dell’inquinamento si unisce a quello dell’erosione delle coste: un fenomeno che riguarda circa il 46% delle coste sabbiose italiane e che si sta accentuando a causa della crisi climatica.
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“Uno dei problemi è che si continua a intervenire con opere rigide – si legge nel rapporto di Legambiente – come pennelli e barriere frangiflutti, che interessano almeno 1.300 km di costa, e su cui bisognerebbe aprire una riflessione sulla reale efficacia“.
Questioni che vanno dunque a incidere sullo stato di salute delle coste in Italia, non solo sulla terraferma ma anche per l’ecosistema marino.
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