Un reportage di Animal Equality mostra come l’industria della carne sia la causa degli incendi dolosi appiccati nelle regioni del Cerrado e del Pantanal, in Brasile.
Sono immagini scioccanti, quelle riportate dall’associazione internazionale Animal Equality che da 10 anni è in prima linea per combattere le pratiche crudeli degli allevamenti intensivi. Non solo per la brutalità con cui vengono trattate le bestie destinate al macello, ma anche per la triste verità che si cela dietro l’industria della carne in Brasile.
Il Brasile è il più grande produttore al mondo di carne bovina e, secondo i dati di MapBiomas, il 99,8% della deforestazione avvenuta nel 2020 nel Paese è legata ad attività illegali. Gli allevamenti intensivi e i macelli industriali, in particolare, secondo l’inchiesta di Animal Equality sarebbero responsabili dell’80% della distruzione delle aree boschive. Dato ancora più sconcertante: il 98% di questi roghi sarebbe stato acceso deliberatamente da allevatori di bestiame per far posto alla propria attività a danno delle foreste.
LEGGI ANCHE >>> Deforestazione in Amazzonia: il 2020 è stato il terzo anno peggiore della storia
Una realtà fragile, un importante ecosistema che però sta scomparendo: nel solo 2020, il 29% delle terre umide del Pantanal è stato bruciato (un’area equivalente a 6 milioni di campi da calcio). Il 50% della savana del Cerrado è stata disboscata: un’area equivalente alle dimensioni di Spagna, Inghilterra, Italia e Portogallo messi insieme.
Ecco perché il Brasile brucia!
Grazie al team investigativo di Animal Equality, si è dunque scoperto cosa si nasconde dietro gli incendi che stanno devastando il Brasile: in particolare la zona del Mato Grosso, con appunto le foreste del Pantanal e la savana del Cerrado.
Attraverso le testimonianze di chi è in prima linea per combattere la deforestazione nel Paese e le immagini provenienti dall’interno dei macelli e dalle aree disboscate, l’associazione ha potuto verificare come gli allevatori provochino i roghi volontariamente per ottenere terreni da destinare all’allevamento dei bovini e alle piantagioni di soia, che viene utilizzata per lo più come mangime per polli, maiali, pesci e altri animali negli allevamenti intensivi di tutto il mondo.
LEGGI ANCHE>>> Cibo letale: le preparazioni industriali aumentano il rischio di morte
Greenpeace International, inoltre, ha identificato 15 aziende agricole che sono fornitori delle principali aziende brasiliane di lavorazione della carne (Jbs, Marfrig e Minerva). Le aziende agricole sarebbero collegate agli incendi del Pantanal e a numerose violazioni ambientali.
Il ruolo dell’Europa
Nel 2020, sono state macellate più di 44 milioni di mucche e il 20% è stato esportato. In Brasile, i fornitori non tracciano e monitorano gli animali lungo l’intera catena di approvvigionamento ma viene verificato solo l’ultimo fornitore prima che un animale raggiunga il macello: il sistema fa sì che i macelli non autorizzati possano agire senza essere tracciati, utilizzando le pratiche più crudeli sugli animali.
Tutto ciò non resta in Sud America, ma arriva fino alle nostre tavole: secondo l’associazione, un quinto della carne bovina importata nell’UE dal Brasile è legato alla deforestazione illegale. E l’Italia è il primo importatore europeo di carne bovina dal Paese.
LEGGI ANCHE >>> Quanto impatta il consumo di carne sul riscaldamento globale? Parliamoci chiaro
Con il proliferare di questi allevamenti, i proprietari sono sempre più incentivati a disboscare per stare al passo con la produzione e la richiesta sempre crescente. Animal Equality ha quindi chiesto al Governo brasiliano e all’Unione Europea di intervenire per fermare questo fenomeno all’origine:
Si richiede dunque di “interrompere tutti i sussidi ai produttori che non dimostrano di approvvigionarsi da allevamenti in cui non si verificano abusi sugli animali e legati alla distruzione ambientale, e di stabilire sistemi di monitoraggio trasparenti”.